La maternità è una soglia. Non è solo un evento biologico, è un passaggio. Trasforma, sposta, scompone e ricompone. È un prima e un dopo che ridisegna la vita, e lo fa con una forza che spesso resta invisibile a chi guarda da fuori. Ma quella soglia – luminosa, incerta, faticosa – coincide quasi sempre con un’altra domanda: e adesso, come si torna al lavoro?
È in quel varco che si inserisce il bando #RiParto, promosso dal Dipartimento per le Politiche della Famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Un progetto che non distribuisce semplicemente risorse, ma semina cultura. Cultura del ritorno, della cura, del diritto a non dover scegliere tra un figlio e un impiego. Un’iniziativa che parla alle donne, ma interroga profondamente le imprese.
Tra le realtà che hanno scelto di rispondere a questa chiamata con una voce chiara e operosa, Leone Rosso, Proges e Kaleidoscopio hanno costruito un’alleanza non solo progettuale, ma valoriale. Tre cooperative, tre storie, una stessa direzione: trasformare il lavoro in un luogo capace di accogliere la maternità, non di punirla.
È in questo scenario che prende la parola Cesare Marques, Presidente di Leone Rosso. E non lo fa con frasi preconfezionate da convegno. Lo fa con il passo di chi, prima di parlare, ha guardato negli occhi le persone di cui parla.
Seduto nel suo ufficio essenziale, tra una pianta resistente e una pila di fascicoli, Marques riflette ad alta voce:
“Abbiamo aderito a #RiParto – dice – perché ci siamo chiesti cosa significhi davvero essere una cooperativa oggi. E la risposta è questa: esserci. Quando la vita cambia, quando la fatica si fa più acuta, quando una madre si prepara a rientrare dopo la nascita di un figlio, noi dobbiamo esserci.”
Non è solo una questione di diritti, è una questione di sguardo. Di come si decide di guardare la maternità: come una difficoltà da gestire o come un patrimonio da sostenere. Marques ha scelto la seconda via.
“Abbiamo voluto costruire strumenti reali – prosegue – ma carichi di significato. Non sono solo rimborsi o servizi: sono gesti concreti che dicono ‘sei parte di noi’, anche ora che sei cambiata. Anzi: soprattutto ora.”
È una visione che mescola efficienza e tenerezza, logica e poesia. Una visione in cui il lavoro non è un altrove rispetto alla vita, ma il suo prolungamento più giusto.
Accanto a lui, a dar forma alle azioni quotidiane, c’è Michel Luboz, Direttore del Personale della cooperativa. Più pragmatico nei toni, ma non meno coinvolto nel disegno complessivo, Luboz ha coordinato con rigore l’attuazione del progetto, con il supporto decisivo delle referenti dell’area socio-pedagogica, la dott.ssa Pepelin e la dott.ssa Macori.
“Abbiamo tradotto in operatività un’idea forte: non lasciare nessuno solo nel momento del rientro. Abbiamo integrato competenze, costruito reti, semplificato procedure. Ogni donna che rientra deve trovare un ambiente pronto, umano, capace di riconoscerla.”
Le azioni attivate non si limitano a una lista di buone pratiche, ma diventano un vero ecosistema di welfare:
banche del tempo per ridare elasticità alle giornate;
counseling psicologico per non lasciare indietro l’anima;
E poi, ancora, percorsi formativi, punti welfare diffusi sui territori: una rete silenziosa e potente che accompagna, protegge, rinforza.
Francesca Corotti, vicepresidente Proges e referente del progetto, descrive con precisione l’architettura complessiva:
“Abbiamo lavorato su quattro assi fondamentali: creare un welfare point che superi i confini delle singole cooperative; garantire sostegni economici tangibili; accompagnare con percorsi strutturati il ritorno in servizio; e offrire supporto psicologico costante. Il nostro obiettivo è che queste misure non siano episodiche, ma strutturali. Non eccezioni. Regola.”
E così #RiParto non è solo un progetto. È una risposta culturale. È una presa di posizione.
È il gesto, forte e semplice, con cui un’impresa dice alle sue lavoratrici: “la tua maternità non è un problema da gestire, ma un bene da custodire.”
È l’inizio di un racconto in cui lavoro e vita non si fanno la guerra, ma camminano insieme. Con rispetto. Con intelligenza. Con umanità.
Perché – come ripete spesso Cesare Marques – “una cooperativa che non si prende cura non è una cooperativa: è solo un’organizzazione. E noi, invece, vogliamo essere casa. Anche quando la vita cambia.”