L’apertura dei lavori formativi è stata affidata a Manuela Polizzi ed Elisa Verduri per Proges e a Francesco Buratti per Leone Rosso, i quali hanno evidenziato la necessità sempre più impellente di affrontare con competenza e visione sistemica le sfide poste dall’invecchiamento della popolazione affetta da disturbi psichiatrici. Gli interventi introduttivi hanno messo in luce le trasformazioni in atto nei servizi sociosanitari e la conseguente necessità di riadattare modelli organizzativi e risposte assistenziali.
L’iniziativa nasce proprio dalla consapevolezza di un cambiamento profondo e ormai strutturale: il crescente numero di persone con patologie psichiatriche croniche che, invecchiando, sviluppano condizioni di fragilità e non autosufficienza. Un fenomeno intimamente legato al generale invecchiamento della popolazione e che porta all’attenzione delle strutture residenziali e dei servizi geriatrici una tipologia di utenza fragile, complessa e con bisogni spesso poco riconosciuti.
Dopo i 65 anni, infatti, la prevalenza dei disturbi mentali raggiunge circa il 25%, per poi aumentare ulteriormente oltre gli 80 anni. Nelle RSA si registra in modo particolarmente evidente un’alta incidenza di depressione, ansia, disturbi psicotici, sintomi comportamentali, deliri, frequentemente associati a deterioramento cognitivo e crescente disabilità funzionale.
Sempre più spesso, le strutture si trovano ad accogliere ospiti provenienti da percorsi di cura psichiatrica o seguiti dai Servizi per le Dipendenze (SERD), che, con l’aggravarsi delle condizioni fisiche o cognitive, non rientrano più nei criteri di presa in carico dei servizi specialistici di salute mentale. Questa evoluzione impone alle realtà socio-sanitarie una profonda riorganizzazione e l’integrazione di competenze geriatriche e psichiatriche per garantire percorsi di cura efficaci, rispettosi e realmente centrati sulla persona.
In questo scenario complesso, la formazione degli operatori rappresenta uno strumento imprescindibile per sostenere un approccio integrato, capace di coniugare competenze cliniche, attenzione alla relazione d’aiuto e capacità di lettura dei bisogni individuali. Diventa fondamentale dotare il personale di strumenti teorici e operativi per affrontare comportamenti disorganizzati, oppositivi o aggressivi, accrescendo la sicurezza e la consapevolezza professionale. Centrale rimane la valorizzazione della relazione, dell’osservazione clinica, della comunicazione empatica e della costruzione di percorsi personalizzati, in linea con il modello bio-psico-sociale.